giovedì 24 luglio 2014

27 Luglio 2014 – XVII Domenica del Tempo Ordinario

«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra» (Mt 13,44-52).
Il vangelo di oggi ci presenta tre piccole parabole: tesoro, perla e rete. La prima e la seconda sono molto affini. Anche se Gesù le deve aver dette in occasioni diverse, il tema è lo stesso: imbattersi in qualcosa di grande valore. E su queste vorrei fissare l’attenzione.
L’uomo della prima parabola è un contadino che un giorno, mentre ara un campo, trova un tesoro prezioso, una grande fortuna: vende tutto quello che ha e compra quel campo. La seconda parabola racconta invece di un commerciante alla ricerca di perle preziose. Trovatane una particolarmente splendida, vende tutto pur di comprarla
Il primo uomo trova il tesoro casualmente; il secondo, la trova dopo una lunga e accurata ricerca. Ciò che conta è che entrambi trovano qualcosa dal valore assoluto, di fronte al quale tutto il resto svilisce. Non c’è prezzo per ciò che trovano, non c’è niente che tenga di fronte alla scoperta, non c’è confronto o paragone con nessun’altra cosa di fronte a quella perla e a quel tesoro.
Entrambe le parabole ci dicono in sostanza che Dio, il regno dei cieli, non è automaticamente raggiungibile, è un tesoro che va comunque cercato, perché è un qualcosa di meraviglioso, di incredibile, un qualcosa che non è paragonabile a niente: è talmente importante che per ottenerlo è preferibile distaccarsi da tutto quello che abbiamo. Insomma è una realtà talmente affascinante che ci assorbe e coinvolge completamente: e quindi dobbiamo puntare e investire tutto in Lui.
Ma in cosa consiste questo regno dei cieli? È il Dio che ci abita dentro. Una volta che lo abbiamo incontrato, che lo abbiamo sperimentato, sarà impossibile lasciarlo. Perché Lui ci stima, ci ama, ci spinge ad osare, a diventare noi stessi, a realizzarci, a cercare. Ci fa sentire vivi, vibranti; con Lui ritroviamo la nostra autonomia di vita e di pensiero, diventiamo liberi, vinciamo le paure, ci incamminiamo nel sentiero dell’autenticità, e sentiamo il fuoco della vita e dell’amore dentro di noi.
È impossibile dimenticarlo, perché Dio imprime un segno indelebile dentro di noi. Quando ci parlano di Lui, su come trovarlo e mantenerlo, sentiamo insistere continuamente sulla necessità di preghiere, di riti, di liturgie appropriate: ma Dio non è un qualcosa di statico, fermo, immobile, che aspetta le nostre incensazioni. Dio è dinamismo, è un “incontro”. A volte casuale, a volte voluto disperatamente. E, incontratolo, non è difficile seguirlo, non è affatto impegnativo, non richiede da parte nostra un grande sacrificio: perché Lui con la sua presenza ci riempie il cuore, la vita, ci inebria, ci fa innamorare, ci dà ciò che nessun altro può darci. Lui è amore, è passione che travolge, è necessità di vita. Perché gli apostoli lo seguivano? Perché lui era per loro come l’aria, era la vita, era tutto.
Dio, dunque, è il nostro tesoro nascosto: ma noi? cosa cerchiamo noi? Lui è là che ci aspetta, ma a noi quanto importa? Certo, se continuiamo a cercare soldi, sicurezza economica, piaceri, benessere, tranquillità, non ci accorgeremo mai di Lui: il tesoro è lì vicino, ma non lo troveremo mai, perché cerchiamo altro, siamo attratti da tante altre cose.
Scendiamo nel concreto: chi o che cosa cerchiamo noi in realtà? Meglio: dove cerchiamo? Perché se pensiamo che la felicità risieda in qualche persona, o in qualcosa “fuori” da noi, cercheremo invano, continueremo a cercare tutta la vita senza trovare nulla, perché ciò che cerchiamo non è fuori di noi ma dentro di noi. Il tesoro è nascosto in noi; siamo noi stessi il tesoro: è quell’immagine, quella somiglianza divina, impressaci da Dio fin dalla nascita, che noi con la nostra vita dobbiamo scoprire e fare nostra ad ogni costo. La perla siamo noi. Ecco perché dobbiamo cambiare metodo di ricerca, ecco perché la nostra vita deve necessariamente cambiare. Anche se gli altri ci deridono, anche se ci prendono per fuori di testa.
Anche i due uomini del vangelo si comportano da folli, da pazzi, pur di entrare in possesso del “tesoro”: lasciano il certo per l’incerto, vendono tutto quello che hanno, si liberano di tutto, pur di arrivare a quel tesoro di cui ancora non conoscono il valore. Cose da pazzi. Ma Dio è per i pazzi, per i folli, perché non ci chiede qualcosa, ma pretende tutto, ci chiede noi stessi. Dio non si accontenta di un nostro coinvolgimento parziale, lo vuole tutto, lo vuole completo.
Tutte le cose che possiamo conquistare durante la nostra vita, hanno certamente un valore, ma è un valore legato alla provvisorietà: ci coinvolgono sul momento, per poi dimostrarsi effimere, e cadere nell’indifferenza, nella dimenticanza, nella caducità; perdono insomma la loro attrattiva, il loro interesse, il loro richiamo. Ci sono anche eventi molto importanti che ci segnano per tutta vita, è vero; fatti che ci cambiano intimamente, in profondità: come l’amore sincero del partner, un matrimonio felice, la nascita dei figli; ma anche queste realtà così vitali sono destinate, prima o poi, a finire, a concludersi: i figli stessi, pur coinvolgendo profondamente tutta la nostra vita, non sono per sempre: un giorno anch’essi se ne andranno. Ebbene, Dio è molto di più di tutte queste cose “transitorie”: più coinvolgente di un figlio, più importante di un partner, più impegnativo di un matrimonio. Egli non esclude dalla nostra vita niente di tutto questo; Egli ci lascia godere di tante cose belle, essenziali per la nostra vita: ma ciò che oggi dobbiamo capire dal vangelo, è che Lui è la “cosa” più bella in assoluto: che Lui viene al primo posto nella scala dei valori, è più importante di tutto, al di sopra di tutto, perché Lui va oltre i nostri limiti: non esiste per Lui un “termine” temporale, dopo il quale verrà meno, sparirà, lasciandoci soli. Una volta che l’avremo trovato – e per trovarlo dobbiamo rinunciare a tutto - Egli rimarrà per sempre nostro, nostro in assoluto, continuerà ad essere sempre per ciascuno di noi il “tesoro prezioso”, anche oltre il tempo, oltre i nostri giorni terreni.
Dio infatti non è un qualcosa di esterno, di altro da noi; ripeto: Dio non è una preghiera o una professione di fede; non è un credo o un sistema di riti. Dio è Qualcuno che ci prende totalmente, che ci coinvolge, che ci vuole trasformare, cambiare, che non ci farà più essere quelli di prima, che cambierà radicalmente il nostro modo di pensare, di sentire, di vivere. Dio non vuole un’ora di preghiera al giorno; Dio non vuole una parte (magari anche grande) della nostra vita: lui la vuole tutta. Lui vuole “sposarsi” con noi, vuol fare alleanza con noi, vuole rapirci, prenderci, assorbirci completamente.
Però per trovare questo Tutto, e concludo, dobbiamo essere disposti a giocarci il tutto. Si narra in proposito che un giovane monaco facesse ogni giorno la stessa domanda al suo maestro: “Come posso trovare Dio, il “tesoro” del vangelo?”. E ogni giorno riceveva la stessa risposta: “Devi desiderarlo”. “Ma io lo desidero con tutto il mio cuore, eppure non lo trovo!” insisteva il discepolo. Un giorno, mentre entrambi si stavano lavando nel fiume, il maestro prese la testa del giovane tra le mani, la spinse sott’acqua, e ve la tenne con forza mentre il poveretto si dibatteva disperatamente per liberarsi. Il giorno dopo fu il maestro a domandare: “Perché ti dibattevi in quel modo quando ti tenevo la testa sott’acqua?”. “Perché cercavo disperatamente l’aria!”, rispose. “Ebbene: quando ti sarà data la grazia di cercare disperatamente Dio come cercavi l’aria, allora l’avrai trovato!”. È tutto chiaro, vero? Se lo cerchiamo anche noi in questo modo, sicuramente lo troveremo. Amen.

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