mercoledì 5 dicembre 2012

9 Dicembre 2012 – II Domenica di Avvento

«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!» (Lc 3,1-6).
Giovanni Battista e la vergine Maria sono le due figure che ci accompagnano in questo nostro percorso verso il Natale.
Il Verbo, Parola di Dio, incontra Giovanni nel deserto. È un incontro vivo, che trasforma, che rigenera, che porta a produrre nuovi frutti. Quando la Parola di Dio all'inizio della storia scende sulla creazione, nasce il mondo e ogni essere vivente. Quando la Parola di Dio attraverso l'angelo scende su Maria, nasce Gesù. La Parola che scende su Giovanni lo invia, lo spinge e lo fa profetizzare. L’'incontro con Dio, anche per noi, deve essere quindi un incontro che crea, che cambia, che invia, che implica cioè un nostro movimento in avanti. Ci crea: eravamo infatti ben poca cosa, ma dopo aver ascoltato, nel senso di “mangiato, assimilato, gustato, fatta penetrare” la sua Parola, non siamo più gli stessi. Ha prodotto un cambiamento radicale in noi, una nuova visione della vita e del mondo si apre improvvisamente davanti ai nostri occhi.
Quante parole ascoltiamo durante una giornata! Ma la Parola di Dio è diversa. Quante parole, anche pie e religiose, abbiamo detto e ascoltato nella nostra vita! Ma la Parola di Dio non è di quel tipo. Quante volte abbiamo udito leggere il Vangelo! Ma anche quelle parole ci sono scivolate addosso: non è così che si ascolta la Parola di Dio. La Parola di Dio è quella Parola che penetra in profondità, che ci scuote (quindi è sempre destabilizzante), ci tocca violentemente, ci colpisce nell’intimo. È quella Parola che ci torna sempre in mente, anche se non ne conosciamo il perché; che ci risuona insistentemente nel cervello, che ci fa vibrare il cuore, che ci riguarda da vicino; una Parola per la quale sentiamo un persistente richiamo, un bisogno forte e irrinunciabile. È dunque quella Parola che non ci può lasciare indifferenti. È quella Parola che fa comunque succedere qualcosa.
Molte parole degli uomini hanno il potere di bloccare la nostra vita, di distruggerla, di ucciderla, di chiuderla: al contrario la Parola di Dio, se la lasciamo penetrare dentro di noi, ci infonde sempre sicurezza, carica, ci conduce alla salvezza: “Esci fuori; alzati; ti amo; va bene così; non avere paura; ci sono io; slegati…”.
Il Battista dunque predica nel “deserto”. Geograficamente il deserto palestinese è una regione montuosa, con scarsa vegetazione, inospitale, frequentata solo da pastori, predoni ed eremiti (eremos in greco vuol dire proprio deserto). Nella Bibbia il “deserto” è quel luogo attraverso cui tutti devono necessariamente passare. Non si può arrivare in nessuna parte, in nessuna terra promessa, se non si ha il coraggio e la forza di affrontare il proprio deserto.
Per gli Israeliti il deserto è stato infatti un passaggio obbligato sia dopo la liberazione dall'Egitto che per quella babilonese; è stato un luogo necessario per Mosè, per Elia. Nel nuovo Testamento anche per Gesù, per Paolo, per migliaia di cercatori di Dio.
Il deserto più che un luogo fisico è una dimensione della vita. Arriva, cioè, un momento in cui bisogna smettere di continuare a fuggire fuori da se stessi, smettere di cercare risposte fuori di noi, smettere di riempirci e di imbottirci di idee, di filosofie e di ragionamenti vari, e guardarci per davvero in faccia senza mentirci. Dobbiamo entrare nel nostro deserto, dove non c'è nessun altro, dove finalmente ci siamo solo noi.
Molte persone hanno il terrore di stare sole con sé. C'è chi trova sempre qualcosa da fare; si adatta a fare di tutto pur di non rimanere da solo con la sua anima. C'è chi parla sempre, in continuazione, riempie tutti gli spazi vuoti; ma non si ferma mai ad ascoltarsi. C'è chi non riesce a stare solo e deve stare sempre in compagnia di qualcuno, perché ha paura di sé stesso, della sua solitudine interiore. C'è chi non riesce neppure ad ascoltare le proprie emozioni, che le evita di proposito perché le teme troppo. Si ubriaca di esteriorità. Ci sono persone peraltro che nella loro vita trovano questi spazi, questo “tempo per sé”: si riposano, leggono un libro, fanno qualche sport, escono con gli amici; fanno, insomma, quello che di solito non fanno mai. Ma questo “stare con sé” è tutta un'altra cosa. Per avere un’idea di come vivere sul serio nel “deserto”, facciamo una prova: cerchiamo di stare un giorno intero senza niente e nessuno: niente libri, niente giornali, niente radio e televisione, niente telefono, niente cose da fare, niente da scrivere, pochissimo da mangiare, nessun passatempo. All'inizio proveremo il vuoto, il disorientamento e cercheremo il modo più rapido per scappare. Ma se avremo la forza e la costanza di continuare così per tutto il giorno, giungeremo a scoprire l’esistenza della nostra anima; una importante scoperta, una esperienza singolare, unica, assolutamente mai provata prima. Scopriremo così il lato positivo del deserto. Un deserto che non ci incuterà più paure, un deserto che diventerà un amico fidato. Provare per credere.
Nel deserto il Battista predica un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Predicare, in greco kerysso, vuol dire “urlare, dire ad alta voce”; la radice ker indica il “cuore”. Giovanni quindi nel deserto non fa una dotta catechesi, lunghe disquisizioni o prediche interminabili; comunica semplicemente dei brevi messaggi carichi di amore, che portano al cuore, che arrivano al cuore; messaggi appassionati, diretti e incisivi, che producono nell’ascoltatore riflessione della mente e adesione del cuore.
Il suo è un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Il senso del verbo greco “metanoèo, convertirsi, implica un “fare inversione di marcia, tornare indietro sui propri passi”; indica cioè un cambiamento radicale nel pensare e nell’agire. Se percorriamo una strada e ci rendiamo conto di aver sbagliato direzione, che facciamo? Ovvio, invertiamo la marcia. Lo stesso dobbiamo fare quando ci accorgiamo che la condotta che stiamo tenendo procura solo del male a noi stessi e agli altri.
Siamo per caso arrabbiati col partner, con un fratello, con chi ci sta vicino, perché ci ha offesi, perché ci ha riservato un comportamento che non abbiamo gradito? Ebbene, che facciamo noi d’impulso? Lo escludiamo immediatamente da noi, lo ignoriamo; gli chiudiamo per ripicca qualunque porta di comunicazione, ostentiamo silenzio e portiamo il muso. Vogliamo cioè “punirlo”, in qualche modo vogliamo vendicarci. Dobbiamo far pagare al malcapitato la pena per lesa maestà. Ebbene, fratelli, non è questa la strada del nostro deserto di conversione: non alziamo muri, non ergiamo barriere, torniamo invece sui nostri passi, cambiamo comportamento; lasciamo perdere, non fossilizziamoci sul chi ha ragione o chi ha torto, andiamo noi incontro al nostro fratello e spieghiamoci con lui.
Quando ci accorgiamo di aver detto qualcosa che non volevamo dire, di aver esagerato o di aver ferito qualcuno, pentiamoci, torniamo indietro (metanoèo). Andiamo dalla persona e diciamogli: “Guarda, ho esagerato; ti chiedo scusa, mi sono lasciato prendere la mano; mi rendo conto di non averti ascoltato o di aver tentato di manipolarti; volevo aver ragione a tutti i costi”. A che serve il nostro orgoglio se non a nascondere a noi stessi di aver sbagliato? Non è forse una prova d’amore ammettere i propri torti? “Quello che ho detto ho detto, e non torno indietro”: intransigenza inutile; convertiamoci, invece, torniamo indietro dalle nostre posizioni. Il ricredersi è una grande conquista del saggio, dell’intelligenza, oltre che della carità.
“Battesimo”, dal greco baptizein, significa immergersi, indica l'immersione nelle acque.
L’acqua, oltre che elemento di distruzione, è stato anche l’elemento vitale che ha portato salvezza al popolo ebraico. Di esempi ne è piena la Bibbia.
Per noi è il presupposto della nostra vita cristiana: per conoscere Dio, la Vita, dobbiamo immergerci nelle acque che contengono la luce del Risorto, la salvezza sicura; e ciò nonostante i nostri lati oscuri, le nostre ataviche cattive inclinazioni. Rigenerati infatti dal battesimo, dopo aver riconquistato il nostro equilibrio e aver sanato la nostra disarmonia con Dio e con le creature, dobbiamo necessariamente confrontarci con i nostri mostri interiori, quelli che noi chiamiamo “male”, per isolarli, eliminarli. L’intera storia della nostra salvezza personale sta appunto nell’affrontare nel deserto queste zone buie, di non-luce, zone tenebrose, di peccato, per uscirne, attraverso l’acqua rigeneratrice, finalmente vincitori, e spaziare nella luce della carità e della grazia.
Il mondo, fratelli, non è un Eden meraviglioso, in cui godere passivamente dell’amore divino; è un territorio sì di luce, condizionata però al superamento della nostra non-luce; è insomma il nostro deserto di conversione, in una alternanza faticosa di gloria, di amore e di tenebre: in tutto questo siamo facilitati dall’elemento acqua: con la nostra nascita, con l'uscita dalle acque materne, abbiamo iniziato il nostro cammino di confronto con la luce e con il buio che vive dentro di noi (battesimo d'acqua); ma solo con le nostre buone azioni (battesimo di sangue) riusciremo a instaurare nella nostra vita la salvezza di Dio.
Infatti, solo per mezzo delle nostre opere possiamo far emergere il Figlio dell'uomo che è dentro ciascuno di noi. Siamo un piccolo seme (figli di uomo); ma un seme che può diventare una pianta forte e rigogliosa (figli dell'Uomo). L'opera è insieme semplice e complessa. Ma non lasciamoci intimidire. Facciamolo invece, fratelli, questo miracolo nella nostra vita: raddrizziamo i nostri sentieri, riempiamo i nostri burroni, abbassiamo i monti, evitiamo i passi tortuosi e i luoghi impervi. Perché solo attraverso questo miracolo noi vedremo la salvezza; solo in questo modo torneremo ad essere quelli che realmente eravamo, nella nostra bellezza originaria, pura, naturale, specchio delle sembianze divine. Quello che siamo ora, lontani dalla luce e dal calore amorevole di Dio, non assomiglia neppure lontanamente a tale immagine divina.
Ecco dunque il tempo favorevole, l’occasione propizia: attraversiamo con coraggio e determinazione questo nostro deserto; perché solo facendo così incontreremo Dio, e potremo contemplarlo faccia a faccia. E allora tutto ci sarà chiaro: non ci saranno più dubbi o domande. Non dovremo temere più nulla, perché potremo vedere distintamente tutto com'è.
Ricordiamoci che da soli non siamo nulla; egli ci tiene tutti - uomini, mondo, universo, bene e male – sul palmo della Sua mano; e ci avvolge tutti con il suo sguardo dolce e amorevole; e mentre noi ci affanniamo per cercare chissà cosa, per conquistare chissà chi, Lui sorride e continua, nonostante tutto, a proteggerci. Amen.
 

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