giovedì 15 novembre 2012

18 Novembre 2012 – XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Mc 13, 24-32).
Quando fu scritto questo testo i cristiani vivevano le terribili persecuzioni di Nerone e Domiziano. Erano momenti molto difficili, duri, drammatici: sembrava che l'annuncio evangelico potesse finire, che si potesse chiudere, sembrava veramente la fine del mondo o di un mondo. Tutti i riferimenti validi cadevano addosso ai cristiani che si sentivano sconvolti e persi.
La loro fede era sconvolta. Eppure un barlume di speranza li confortava: vivevano nell’ansia, ma dentro il loro cuore sentivano chiaramente l’invito a non temere, ad essere certi che Dio c’era, che Dio non era sparito, che Dio non li avrebbe mai abbandonati. Perché il cielo, la terra, come pure ogni cosa, ogni certezza, ogni vita, possono passare, finire: ma Dio no. Nei momenti più bui della storia, quando sembra che tutto cada, che tutto finisca, proprio in quei momenti, Dio interviene con tutta la sua potenza, con la sua gloria immortale.
«Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno» dice Gesù: parole che noi possiamo sicuramente adattare al corso della nostra vita: quella di veder crollare tutte le nostre sicurezze è infatti una delle esperienze più terribili; e penso che più o meno tutti avremo avuto modo di provarlo nel nostro piccolo mondo personale.
Ognuno di noi ha i suoi “astri”, le sue “stelle” in cielo; punti di riferimento, che ci aiutano nel nostro peregrinare; ma non solo in cielo: anche attorno a noi, abbiamo i nostri punti fermi, i nostri riferimenti, molto più vicini, più accessibili, più misurabili e riscontrabili, che ci danno maggior sicurezza: sono il padre, la madre, le persone che ci hanno aiutato a crescere, a maturare, sono le persone che con il loro amore continuano a darci sicurezza e serenità.
Ora, cosa succede quando questi riferimenti, quando nostro padre, nostra madre, le nostre guide vengono improvvisamente a mancare, quando cessano di essere un riferimento per la nostra vita? Un disastro, fratelli.
Fino ad un certo giorno della nostra vita essi erano i nostri riferimenti fermi, fissi, stabili. Poi di punto in bianco, di fronte ai nostri occhi “cresciuti”, sono crollati: li abbiamo guardati e ci siamo accorti dei loro limiti; li abbiamo guardati e abbiamo visto i loro difetti; li abbiamo visti umani, impegolati anche loro nei problemi e nella fatica di vivere. Non erano più i nostri miti.
E noi ci siamo sentiti in qualche modo “traditi”, ci siamo sentiti persi, disorientati, senza certezze; e ci siamo rivolti a guardare a destra e a sinistra in cerca di nuovi riferimenti.
Qualche volta li abbiamo cercati dove non c’erano, dove non poteva arrivarci nulla di concreto: li abbiamo cercati tra le “stelle” del momento, dello spettacolo, della cultura, nei cantanti, nei calciatori, nei personaggi televisivi. Ci siamo adattati a qualunque compromesso pur di ricreare in noi quelle certezze che ci davano nuovi impulsi, sicurezza e tranquillità.
Ma ci siamo accorti che niente di questo genere tiene; sono case costruite sulla sabbia, senza alcun fondamento; alla prima pioggia, al primo vento, crollano inesorabilmente.
Per questo, ad ogni esperienza di questo genere, cadiamo nella tristezza, nello smarrimento, nello sconforto: perché nulla di ciò che ci circonda, nulla di ciò che è al di fuori di noi stessi, può costituire un riferimento valido, fisso e certo. Sembra la fine di ogni speranza, nessun progetto sembra realizzabile, e ci sentiamo cadere nel pessimismo e nella rassegnazione. Ma invece no! Perché allora il “Figlio dell'uomo” verrà sulle nubi “con grande potenza e gloria”: improvvisamente, dal nostro più profondo, sentiamo riemergere le nostre energie, le nostre risorse, le nostre forze. Con Lui, con il “figlio dell'uomo”, riusciremo allora a trovare in noi stessi la sicurezza; la nostra personalità si rafforzerà, conosceremo in maniera chiara chi siamo e cosa vogliamo.
Quando cadono tutti i nostri riferimenti esterni, noi avremo a disposizione quelli interni, più forti, più veri, più duraturi. Possiamo paragonare questa esperienza di vita alla fine del mondo, del nostro piccolo mondo personale: ma è una fine che ci ha permette di rinascere in un altro mondo, più autentico, più profondo e più nostro; è in questi momenti, infatti, che ritroviamo sempre la forza di cercare la nostra strada, quella che ci conduce alla vera casa, al nostro nido, al luogo dove possiamo sentirci noi stessi; un luogo dove ci sentiremo sempre accolti, amati e accettati.
Qualche esempio? Sono casi di normale storia quotidiana: ci siamo sposati e credevamo ciecamente nel matrimonio; pensavamo: “Ci ameremo per sempre, comunicheremo bene e non ci saranno contrarietà nella nostra vita di coppia”. È nato un primo figlio e poi un secondo. Pensavamo tutto sommato di essere sulla strada giusta, una strada tutta in discesa. Ma poi ci siamo accorti che il nostro partner è diverso da noi; ci siamo accorti che non siamo uguali, che ognuno di noi ha sue esigenze e sue aspirazioni; abbiamo scoperto insomma che la pensiamo in maniera diversa. I nostri figli non sono come noi li pensavamo, come noi li avremmo voluti; e questa cosa, anche se non lo diamo a vedere, ci infastidisce parecchio. Scopriamo poi che l’aver scelto quella donna non è stato proprio per vero amore, ma per un motivo ben più meschino: da spiriti liberi e indipendenti, avevamo bisogno di una come lei, docile e remissiva, per continuare a fare egoisticamente quello che ci pareva (e non ci piace scoprire questo!). E scopriamo ancora che, sotto sotto, condizioniamo i nostri figli, li manipoliamo costringendoli a fare quello che piace a noi. Ebbene, quando ci rendiamo conto di questa triste realtà, le nostre sicurezze vengono meno, i nostri riferimenti cadono, ci sentiamo persi e disorientati. Dovremo affrontare momenti dolorosi, momenti di radicale trasformazione, di turbamenti profondi; ma saranno anche momenti che ci obbligheranno a risanare la nostra esistenza, a ristabilire la nostra vita su fondamenta più solide e sicure, su relazioni più sincere e trasparenti.
Andavamo in chiesa: pregavamo, vivevamo convintamente i nostri ideali religiosi; ma ad un certo punto tutto è crollato. Ci siamo accorti che la vita non era come ci avevano insegnato una volta, che alcune delle nostre convinzioni erano indefinibili, sospese in aria, senza fondamento. Allora siamo entrati in crisi, la fede non aveva più senso per noi; non avevamo più voglia né di pregare né di cercare. Anche qui un disastro: eppure ci ha offerto la nostra grande possibilità: trovare e scoprire un’immagine di Dio più vera, più reale, più biblica e forse più vicina all'umano, meno giudicante e colpevolizzante.
Abbiamo obbedito alla chiamata di Dio di servirlo nella vita religiosa: tutto era bello, tutto facile, tutto meraviglioso. Eravamo felici di sentirci vicini a Dio, di essere tra gli “eletti”, di sentirci importanti e fortunati rispetto a tanti altri. Gli esempi delle persone “sante” ci erano di guida e di conforto. Poi abbiamo incontrato la bufera: l’intolleranza nei confronti dei superiori, la fatica di obbedire, l’irrinunciabilità alle nostre vedute, il rifiuto di dire sempre “si” soprattutto quando dentro di noi era un “no”; la vita comune, un tormento, i confratelli e le consorelle, insopportabili; tutto era diventato inutile, insignificante: l’umiltà, la povertà, la castità. Allora abbiamo cercato di scrollarci di dosso questo mondo divenuto invivibile: e non abbiamo capito che era invece l’occasione buona per incontrare “il Figlio dell’uomo”, per rafforzare cioè le nostre difese, purificare la nostra fede, sgombrare il campo dalle false certezze e guardare con rinnovata gioia e serenità alla nostra chiamata.
Questa è la vita, fratelli. E questo è il messaggio del vangelo di oggi: perché anche per noi prima o poi verrà il giorno in cui ci verrà detto, o ci renderemo conto, (oppure ci sorprenderà): “Amico, stai per morire”. Allora le gambe ci tremeranno veramente, la testa ci andrà in completa confusione, e tutte le angosce mai sentite prima si scateneranno in noi. In quel giorno capiremo di essere soli, anzi, di esserlo sempre stati: non abbiamo proprio niente a cui attaccarci, nessuno a cui ricorrere. Tutti gli amici, tutte le nostre certezze, non ci serviranno più; ci sentiremo persi e abbandonati da tutti e da tutto. Le nostre buone azioni, la nostra vita corretta, la nostra carità, tutto il nostro amore, ci sembreranno un nulla. E in quel momento tragico incontreremo “il Figlio dell'uomo”. Lo scopriremo per davvero, questa volta; lo vedremo in volto e gli saremo davanti faccia a faccia. E ci accorgeremo che il poco che abbiamo fatto, il poco che abbiamo accantonato per Lui, sarà l'inizio di tutto. È allora che l’esperienza del tragico abbandono di questa vita, del salto nel nulla, diventerà invece l'esperienza più consolante e meravigliosa, l’esperienza che ci introdurrà in una nuova vita.
Il nostro cammino verso l’eterno è fatto di un continuo “cambiare”, di un continuo abbandonare; passo dopo passo lasciamo sempre la posizione di prima per assumerne una nuova. Ogni momento è un lasciare qualcosa indietro per iniziare qualcosa di nuovo. Evolvere vuol dire lasciare, separarsi, andare. La vita và, non si può fermare. Ogni nuovo passo in avanti è una crisi: lasciamo il certo per l’incerto; anche nelle cose più insignificanti: cambiamo modo di vestire perché cambiano i nostri gusti; cambiamo gli amici perché le esigenze cambiano; cambiamo gli hobbies perché cambiano i nostri desideri; insomma noi cambiamo di continuo: nel modo di amare, di educare, di rapportarci con noi stessi e con gli altri. E ogni cambio è un po' come morire; in ogni cambio c'è qualcosa da lasciare, perché qualcosa di nuovo possa nascere.
Il vangelo oggi ci riporta dunque a questa realtà. E dice: «In verità non passerà questa generazione (= il genere umano) prima che tutte queste cose siano avvenute»; in altre parole, “questi fenomeni accadranno prima che tua vita finisca”; ossia “tutte le attuali certezze verranno meno, cadranno; sarai tu da solo ad incontrare Dio”. Ma questo, fratelli, per noi credenti sarà la nostra grande occasione: è il dato confortante della nostra fede: il Dio dell’amore, il Dio della misericordia, il Dio della Vita, ci verrà in soccorso e ci offrirà di entrare nella vera Vita, di godere la Vita.
«Quanto all'ora o al giorno nessuno lo sa»: per questo dobbiamo essere pronti, fratelli; ogni giorno, ogni ora, ogni minuto può essere quello buono. Questo lo sappiamo: allora perché rimandare continuamente la nostra conversione? Perché non cogliere le occasioni, i segnali che Dio ci manda, per rivedere a fondo la nostra esistenza? Vogliamo essere colti impreparati?
E concludo. «Dalla pianta di fico imparate la parabola».
Come ci accorgiamo dal fiorire della natura che l’estate è in arrivo, così certi particolari della nostra vita ci devono mettere in allarme, ci devono far correre ai ripari: non comportiamoci da stolti e da ciechi.
Così, se vediamo che il rapporto con il nostro partner non è più quello di una volta, dobbiamo sapere che il nostro matrimonio è in pericolo. Quando le nostre giornate sono sempre tristi e senza sussulti, dobbiamo sapere che non stiamo reagendo alla Vita, che ci stiamo lasciando andare. Quando non cerchiamo più incontri, momenti di silenzio, di preghiera, di profondità, di ricarica dell'anima, dobbiamo sapere che il nostro cuore sta inaridendo. Quando il nostro spirito si ribella e inizia a mandarci messaggi di malessere e di insofferenza, dobbiamo sapere che la nostra vita interiore si sta inaridendo.
Ebbene: non sottovalutiamo la percezione di questi segnali di disagio; dobbiamo essere pronti ad agire di conseguenza. Se dobbiamo evitare una mina posta sul nostro cammino, e ci hanno fornito le indicazioni della sua posizione, prendiamo subito le nostre precauzioni, non aspettiamo di calpestarla: perché in quel caso, sarebbe troppo tardi! Non facciamo finta di niente. Non sottovalutiamo i campanelli d’allarme. Perché “l'estate” arriverà comunque dopo l’inverno: sia che lo vogliamo o non lo vogliamo, sia che siamo pronti oppure no: Amen.

 

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