giovedì 21 giugno 2012

24 Giugno 2012 – Natività di San Giovanni Battista

«Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei» (Lc 1,57-66.80).
Il calendario liturgico, quest'anno, ci propone una delle feste più significative della cristianità: la nascita del Battista. Giovanni è una figura straordinaria all'interno della fede: Gesù stesso lo indica come il più grande uomo mai vissuto, “il più grande tra i nati di donna” (Mt 11,11) ed è l'unico santo di cui ricordiamo sia la nascita (24 giugno) che la morte (29 agosto).
È definito “profeta”: una figura speciale, uno cioè che in forza del suo nome indica un'azione di Dio, il “chinarsi” di Dio, l'irradiarsi di Dio sul suo popolo. I profeti non predicono il futuro (quelli sono gli indovini!), ma sono amici di Dio che, animati dallo Spirito Santo, indicano al popolo l'interpretazione degli eventi, ammoniscono, scuotono, a volte con metodi piuttosto inusuali e rudi. E fra questi profeti spicca appunto, come un gigante, Giovanni Battista. Un austero asceta del deserto, tagliente predicatore, profeta disposto a morire pur di mantenere fede alla sua missione di verità. Un Giovanni che prepara e dispone il popolo all'accoglienza del Messia ma che, teneramente, resta anche lui spiazzato dall'originalità di questo Messia. Come biasimarlo?
Impregnato completamente di Antico testamento, egli invita il popolo alla conversione predicando la venuta di un Messia giusto giudice, portatore di vendette e punizioni; al contrario, di fronte al comportamento del Messia Gesù, ispirato ad una inaudita tenerezza, ad un amore senza limiti, rimane inizialmente spiazzato, per venire poi ammaliato e completamente assorbito dalla disarmante novità introdotta da Gesù.
Uomo e profeta straordinario. Ma per capire la sua straordinarietà, abbiamo bisogno di silenzio: lo stesso silenzio di Zaccaria che riflette sulla vera natura di questo suo figlio, “inviato” da Dio ad Israele come un dono speciale. Un “inviato”, peraltro, che ha molto da dire anche a noi, sia come uomo che come testimone di Cristo.
Sappiamo dalla Bibbia che Dio “segna” fin dalla nascita, con speciali interventi, quelli che lui sceglie per sé, i grandi re, i suoi rappresentanti, i condottieri, i profeti.
È questo il caso del Battista: figlio di una donna sterile, resa feconda per dono di Dio, la sua nascita è accompagnata da strane circostanze: singolare e sorprendente è la determinazione dei genitori di imporgli proprio quel determinato nome, “Giovanni è il suo nome”; un nome che non rientra assolutamente nella tradizione familiare, come invece era d’obbligo in quei tempi; come pure singolari sono i salti gi gioia, pieno di Spirito santo, che il bimbo compie nel grembo materno allorquando Maria fa visita alla cugina Elisabetta; e, una volta nato, “tutti furono meravigliati” per l’improvviso riacquisto della parola da parte del padre Zaccaria, tanto da farli esclamare: “Chi sarà mai questo bambino?”. È quindi evidente che Dio ha scelto e preparato il suo uomo: “Davvero la mano del Signore stava con lui”.
È naturale quindi che la sua austera e severa preparazione per poter continuare la missione di Elia, per diventare come Lui un grande profeta, anzi per diventare il più grande dei profeti, avvenga nel deserto: si tratta infatti della stessa preparazione e dello stesso luogo scelto da Dio per educare il popolo di Israele. La missione del Battista costituisce infatti lo sbocco naturale di quella tensione messianica presente in tutto l'Antico Testamento, quella tensione verso l'evento straordinario, atteso da millenni, del Gesù di Nazaret, il Cristo Messia.
E proprio Gesù fa di lui un elogio molto grande: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re. Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco io mando davanti a te il mio messaggero, egli preparerà la via davanti a te”» (Lc 7,24-27).
Giovanni è un uomo coerente, irremovibile nei suoi principi, integro fino al martirio, di una intransigenza morale che riassumeva tutta l'anima veterotestamentaria. La sua predicazione e il battesimo che lui dava al Giordano “per il perdono dei peccati” (Lc 3,3), segnano il passaggio definitivo da una realtà ad un’altra completamente nuova, il superamento della linea di demarcazione tra l’antica Legge e i Profeti e il Regno di Dio rappresentato da Cristo; Giovanni è il traghettatore dell’uomo verso questa novità cristiana, ben superiore all'antica Legge. Una novità così sconvolgente che riuscirà a disorientare la sua stessa fede messianica, per la quale a questo punto ha bisogno di esplicite rassicurazioni: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?” (Mt 11,3) manderà infatti a chiedere a Gesù. Egli ha bisogno di conferme, anche se è consapevole di dipendere completamente da Gesù, di essere il testimone umile e preciso della Sua divinità e in particolare della Sua specifica missione di salvatore: «Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali” (Mc 1,1-13). E ancora: “Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele” (Gv 1,30-31). Si sentiva non lo sposo, ma l'amico dello sposo, colui che aveva solo la funzione di presentarlo: “Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3,20-30). E lo indicherà non soltanto come Messia, ma anche come Figlio di Dio, l’agnello sacrificale che si offre spontaneamente per la salvezza di tutti: “Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29).
In sostanza, dunque, Giovanni è uno che, venuto dal Primo Testamento, si è inoltrato nel Nuovo diventando pienamente discepolo di Gesù, suo primo testimone e missionario.
E questa, fratelli, è esattamente la strada che Giovanni ci indica per essere anche noi dei veri testimoni di Cristo: fare prima di tutto una seria esperienza personale di Gesù, indicarlo agli altri come unico Maestro, e quindi metterci da parte, perché sia solo Lui a crescere nel cuore di quanti gli abbiamo condotto. La sua testimonianza fino al martirio, ci svela inoltre la sua libertà interiore, di uomo senza compromessi, che consiste in quella rettitudine del cuore (“puri di cuore”) che fa di un uomo un docile strumento di Dio.
Questo è Giovanni. E noi, fratelli miei, dobbiamo essere come lui; noi, i nuovi Giovanni, diventati figli di Dio per mezzo del Battesimo - non voluto da noi, ma voluto dall'Alto - siamo infatti chiamati come lui a tener fede alle Sue parole, impegnandoci a vivere veramente da suoi figli, da risorti, da obbedienti alla volontà del Padre. E lo siamo soprattutto quando non ci teniamo aggrappati ai nostri privilegi, quando siamo obbedienti alla volontà di Dio, quando ci veniamo incontro l'un l'altro, quando non ci scoraggiamo se gli altri non valutano positivamente quanto facciamo.
Ecco, fratelli, in questo modo anche noi saremo altrettanti profeti; saremo come le migliaia di nuovi profeti che vivono nella Chiesa di oggi: sì perché i profeti, quelli veri, esistono ancora, sono veramente presenti in mezzo a noi; sono tutti quegli uomini e donne che vivono il Vangelo con semplicità e fedeltà, diventando motivo di conversione per gli altri. Non sono persone straordinarie, non fanno miracoli; sono semplicemente persone che vivono il Vangelo con amore, con tenacia, con convinzione: sono coniugi che aprono il loro cuore e la loro casa per alleviare le sofferenze di tanti bimbi feriti gravemente nell'anima; sono giovani che si impegnano ad educare alla vita i loro coetanei, e che spendono il loro tempo libero nel volontariato o nella “caritas”; sono quei preti che non si negano mai, per nessun motivo, a quanti cercano e bussano alla loro porta; sono quelle sorelle consacrate che consumano giorni e salute per dare speranza ai disperati, conforto ai malati, luce ai moribondi… Siamo circondati da questi silenziosi testimoni di Dio; viviamo tra migliaia di questi profeti che danno testimonianza al Signore, anche senza vestire con peli di cammello! Ringraziamo Dio, fratelli, per i tanti profeti che ancora incrociamo giorno per giorno, che ci spronano ad imitarli, che ci invitano a leggere il presente alla luce della fede.
Purtroppo la società contemporanea è immersa nel pessimismo; anche nella Chiesa prevale una logica mondana piccina e rissosa. Ma non deve essere così: la figura del Battista, e dei tanti che cercano di vivere la sua stessa esperienza, ci deve aiutare a cogliere i segnali di luce che, nonostante tutto, ci raggiungono nella quotidianità.
Riconoscere e accogliere questi profeti significa allora scrutare, interrogarsi, non dare per scontata e acquisita la vita di fede e la fedeltà al Vangelo. Tempi nuovi richiedono modi nuovi di vivere e di annunciare il Vangelo.
Ecco, fratelli miei; così devono essere le nostre comunità cristiane: comunità di profeti, chiamati a leggere il presente alla luce del Vangelo, per dare speranza a questo nostro mondo tanto inquieto. È urgente e vitale che noi, Chiesa, ci riappropriamo di questo ruolo profetico; anche se si tratta di una scelta scomoda. Guai a noi, fratelli, se pensiamo di appartenere ad una Chiesa che è dalla parte dei potenti, dei ricchi, dei più forti! Noi, come Giovanni, non siamo chiamati per blandirli; la nostra missione è invece di vivere e di promuovere la conversione dei cuori; di far accogliere il Dio che viene continuamente tra noi; di denunciare il sopruso e l'ingiustizia sia dentro che fuori della Chiesa, con mitezza e senza “personalismi”, ma con estrema determinazione. Ciascuno di noi deve essere quindi un “segno” luminoso nell’ambiente in cui vive; deve essere, il più possibile, la vera trasparenza di Dio. Amen.
 

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