giovedì 25 febbraio 2010

28 Febbraio 2010 - II Domenica di Quaresima

All'inizio del cammino che ci porterà alla Pasqua, siamo invitati a celebrare quell'anticipo della Resurrezione che è la Trasfigurazione di Gesù. E' un appuntamento che ritempra i cuori: sappiamo che anche per noi, come per gli apostoli, ci sarà l'annuncio della passione e morte di Gesù Cristo, ma questo evento sul monte sembra volerci preparare ad aver fede in Colui che non sarà solo il disprezzato, l'escluso, ma anche il Figlio prediletto di Dio, Colui che vincerà il male e la morte.
"Gesù prese con è Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare".
Quanto è bella e profonda questa espressione e come è significativo il comportamento di Gesù che si ritira spesso sul monte a pregare e coinvolge i suoi amici! L'incontro con Dio nella preghiera è sempre una cosa santa, ma questa volta avviene quella manifestazione particolare che chiamiamo trasfigurazione, perché il suo volto cambiò di aspetto e le sue vesti divennero candide e sfolgoranti. Si fece vedere nello splendore della sua gloria di Figlio di Dio, assieme a Mosè ed Elia che rappresentano tutta la Bibbia che dà testimonianza a Gesù, il Messia. E soprattutto si rende presente il Padre che proclama: "Questo è il mio Figlio, ascoltatelo!"
Sulla strada che porta verso Gerusalemme e quindi verso la passione e la croce, Gesù viene trasfigurato. Ma cosa è accaduto ai tre discepoli che sono con Lui? Luca usa questa espressione molto breve per farci capire: "Pietro e i suoi compagni videro la sua gloria". Ma che cosa vuol dire questa frase?
La vita di Gesù era quella di un uomo del suo tempo, anche se egli pronunciava delle parole che andavano dritte al cuore e compiva dei segni di amore che destavano meraviglia e riconoscenza. Ma non era possibile, a prima vista, riconoscere in lui il Figlio di Dio. A Pietro, Giacomo e Giovanni viene offerta la possibilità di "vedere" quello che a molti potrebbe sfuggire, la possibilità di percepire la vicinanza di Dio, la sua bellezza, la sua bontà infinita. Ma "vedere" non basta: anzi ci si potrebbe fare un'idea sbagliata su Gesù: E' necessario "ascoltare": è questo l'invito che il Padre fa a tutti noi.
È interessante notare che i tre apostoli del monte della trasfigurazione saranno gli stessi tre del monte degli ulivi. Qui provano gioia, stupore, desiderio che quel momento magico non finisca più: "È bello per noi stare qui". Potessimo anche noi sperimentare questa gioia e questo desiderio quando siamo nella preghiera, quando siamo con il Signore: "È bello per noi stare qui!".
Ma Gesù invita presto a tornare alla vita ordinaria. La preghiera porta alla vita, ma in maniera nuova, diversa. E nella vita ordinaria siamo chiamati a portare la luce, la grazia, la forza dell'incontro che abbiamo avuto con il Signore. Verranno anche momenti difficili, tentazioni, sofferenze: quello che conta è ricordare "nei momenti delle tenebre ciò che abbiamo visto nei momenti di luce" (come dice uno scrittore). L'importante è sapere che Gesù non ha rifiutato la sofferenza e la passione, ma l'ha santificata e l'ha fatta diventare la cosa più sacra, la prova più grande del suo amore, l'ha fatta diventare grazia e salvezza per tutti. Anche noi possiamo santificare le prove e le sofferenze (non è facile, ma Gesù ci dà questa forza) e unirle a quelle di Cristo, per la salvezza dei fratelli.
Dobbiamo anche sapere con certezza che il Signore è sempre presente accanto a noi, anche quando ci sembra di vivere i momenti più bui e che la sofferenza e la morte non sono "l'ultima parola", ma la penultima, perché l'ultima parola di tutto è la risurrezione, la vita, l'opera meravigliosa che sempre il Signore costruisce.
Mentre nella sua vita si vanno accumulando i segni della tragedia che appare prossima, Gesù si rivolge ancora al Padre: "salì sulla montagna a pregare". La sua manifestazione luminosa nasce nella preghiera. È spontaneo chiedersi quale esperienza di dialogo con il Padre viviamo noi. Nella preghiera si approfondisce la comunione con il Signore riconoscendosi davanti a Lui come figli bisognosi. Prega chi ha riposto la sua fiducia nel Signore, chi ha occhi capaci di contemplare lo splendore del suo volto. È dunque la preghiera il contesto in cui si riceve la luce. La Parola di Dio chiama anche oggi ad una verifica personale e comunitaria, da cui possano scaturire energie e propositi nuovi tesi a rinnovare la propria vita cristiana. La trasfigurazione offre al discepolo un criterio di lettura della vicenda di Gesù: il Messia che si incammina, sofferente e apparentemente sconfitto, verso Gerusalemme è il Messia che è nella gloria. Essa allora indica al discepolo che è la vita della croce che porta alla risurrezione. Al discepolo che segue il Maestro deve essere sufficiente un anticipo di gloria, un lampo che lo confermi nel cammino.

giovedì 18 febbraio 2010

21 Febbraio 2010 - I Domenica di Quaresima

Al centro della liturgia di oggi, per antichissima tradizione, c'è l'episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto: Gesù si è fatto in tutto simile a noi: ha affrontato le prove e le tentazioni più grandi. Ha vissuto questo momento di sofferenza e di solitudine. Ma ha vinto il maligno: lo ha vinto con la Parola di Dio e con la sua fiducia piena nel Padre dei cieli. E' interessante notare che ad ogni tentazione del maligno Gesù risponde con una frase chiara della Bibbia, della parola di Dio. Nella parola di Dio c'è sempre la chiarezza, la decisione, la luce e la forza per vincere la tentazione e il male.
Anche noi siamo tentati, tante volte e in tante situazioni della nostra esistenza. Anche noi possiamo vincere le tentazioni con la luce e la forza della Parola di Dio. Sarebbe molto bello e sarebbe la nostra salvezza se nelle tentazioni e nei problemi che incontriamo potessimo ricordare una frase, una parola di Dio e su quella costruire il nostro lavoro interiore, il nostro impegno e di conseguenza, la nostra vittoria, la nostra maturazione. Infatti è normale che ci siano tentazioni e prove; non ci devono spaventare troppo; ci sono date perché abbiamo ad affrontarle e vincerle. La tentazione può diventare occasione di maturazione, di libertà, di maggiore amore a Dio e al prossimo. Ecco perché la Bibbia dice: "Chi desidera seguire il Signore, si prepari alla prova". Il vangelo delle tentazioni e tutto l'itinerario quaresimale simboleggia il cammino della vita, che è fatto di prove e di vittorie, di fatiche e di serenità, di peccati e di perdono, della nostra fatica nella fede e della bontà di Dio che sempre ci viene incontro, di chiusura egoistica in noi stessi e di apertura all'amore sincero del prossimo.
Nella quaresima possiamo trovare la verità profonda della vita di Dio e della nostra vita, della nostra debolezza e della nostra salvezza: la quaresima infatti sfocerà nella morte e resurrezione di Gesù, nostro unico salvatore.
Ripercorriamo un po' le tre tentazioni di Cristo:
1) « Se sei Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane»; «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
È la tentazione del materialismo, del consumismo, della illusione della felicità da trovarsi nelle cose materiali. Per i problemi della nostra vita, per i problemi della società e i drammi dell'umanità ci vuole ben altro: valori importanti, il senso della vita, la sapienza del cuore. Basterebbe guardare di che cosa c'è soprattutto bisogno nel cuore dei giovani, nella vita delle nostre famiglie!
2) «Ti darò tutti questi regni se prostrato, mi adorerai». « A Lui solo ti prostrerai e a lui solo adorerai».
È la tentazione dell'orgoglio, del contrapporsi a Dio, del voler vivere senza di Lui, illudendoci di essere noi stessi i padroni della nostra vita. Basterebbe pensare quanto poco facciamo riferimento a Dio nella nostra giornata o lo sentiamo poco importante nella nostra vita. Addirittura possiamo pensare che Lui ci voglia togliere la gioia, la possibilità di vivere e agire come ci piace. Ma Dio non è il concorrente dell'uomo, è la piena realizzazione dell'uomo!
3) «Buttati giù, sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te». «Non tentare il Signore Dio tuo!»
Il maligno propone a Cristo l'uso spettacolare del miracolo. Questa tentazione ritornerà più volte nella vita di Gesù, quando gli chiedono un segno, quando è davanti a Erode e fin sulla croce: «Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce».
È la tentazione della vita facile, anziché ricordare che la strada è erta e scoscesa; del fuggire dalla propria fatica, anziché credere al valore grande del sacrificio e del dono di sé; dell'imporsi, anziché farsi servi e fratelli degli uomini. Se Cristo avesse rifiutato la croce, non avrebbe salvato il mondo, secondo la vera sapienza di Dio.
Il mondo sperimenta anche oggi molto spesso queste tentazioni e si lascia andare a tanti mali.
Si tratta di fare nostra la preghiera: «Non ci indurre in tentazione»: cioè non permettere che cadiamo in quelle tentazioni che sono il nostro male.
Si tratta ancora di attuare quel digiuno quaresimale che i primi cristiani chiamavano "digiunare dal mondo". Esso consiste nel non conformarsi alla mentalità del mondo, nell'astenersi non solo dalle cose peccaminose, ma anche da quelle inutili, superflue che appesantiscono lo spirito e legano l'anima e il corpo alla terra.
Si tratta di aprirsi sempre più ai valori dello spirito, alla presenza operosa del Signore, alle realtà che hanno già il loro valore sulla terra e che dureranno per l'eternità.
Il Signore ci è vicino per darci la forza di vincere le tentazioni e camminare alla sua presenza con amore e con il cuore solidale verso i fratelli.

venerdì 12 febbraio 2010

14 Febbraio 2010 - VI Domenica del Tempo Ordinario

Gesù ha scelto e chiamato per nome i suoi dodici apostoli. Mentre discende con loro dal monte, viene circondato da una grande folla, tra cui molti malati. Appena essi riescono a toccare Gesù, una forza misteriosa li guarisce. La folla è piena di ammirazione per Gesù: se egli guarisce con tanta facilità i malati, vuoi dire che Dio è con lui. E attende che parli, perché ognuno porta nel cuore delle sofferenze che non sono fisiche, e che solo la parola di un grande profeta di Dio può guarire. Attende che Gesù indichi la strada della felicità tra le tante miserie della vita.
E Gesù inizia a parlare. Fa un discorso che noi leggeremo per tre domeniche consecutive. Rovesciando la comune maniera di pensare (che vede nelle ricchezze la fonte della felicità), Gesù inizia le sue parole proclamando beati (noi diremmo oggi fortunati) i poveri, quelli che hanno fame, quelli che piangono, quelli che sono perseguitati perché cercano di vivere nell'onestà. Beati, fortunati perché? Perché possiedono le caratteristiche per entrare in possesso del regno di Dio. Gesù sa che i poveri, quelli che hanno fame, quelli che piangono, quelli che sono perseguitati, conoscono la fragilità della vita, confidano in Dio più che in se stessi, sentono il bisogno di essere salvati dal peccato, dalla morte, sono disposti ad aiutarsi a vicenda, e aspettano l'aiuto e la salvezza di Dio. Sono quindi nella condizione giusta, nella corretta apertura a Dio per accettare il suo regno. La Scrittura presenta la beatitudine nell'ascolto e nella scelta di camminare nella legge di Dio. La beatitudine sta nella vicinanza a Dio.
Tutte le beatitudini presentate dall'evangelista Luca si condensano in realtà nella prima che innalza i poveri. La povertà di cui parla Gesù è la scelta per il Regno, la decisione di
porsi dietro i passi di Gesù con un cuore disponibile a lasciarsi rinnovare da Dio.
Poi Gesù pronuncia quattro severi «guai»: contro i ricchi, quelli che sono sazi, quelli che ridono e sono contenti di come vanno le cose del mondo, quelli che vengono lodati e approvati da tutti. Essi infatti non sentono il bisogno di Dio, non attendono né sperano nulla da lui: non avvertono la necessità che Dio li aiuti e li salvi. Non entreranno quindi nel regno di Dio, ma rimarranno chiusi nel loro egoismo. Gesù li considera dei falliti in questa vita, perché non sentiranno mai la gioia di essere figli di Dio, di vivere come fratelli, di sacrificarsi per gli altri. Le parole di Gesù rovesciano la mentalità corrente, quella che stima beati i ricchi e i potenti. E' la nuova mentalità dei cristiani, che farà di loro il popolo nuovo della Terra: un popolo attento agli umili, ai miseri, agli emarginati; un popolo che vede Gesù nei sofferenti, e spezza con loro il pane.
«La beatitudine promessa da Gesù - dice il Catechismo della Chiesa Cattolica - ci insegna che la vera felicità non si trova nelle ricchezze o nel benessere... ma in Dio solo, sorgente di ogni bene e di ogni amore. Ci invita a purificare il cuore dai suoi istinti cattivi e a cercare l'amore di Dio sopra di tutto. [Purtroppo però] alla ricchezza tutta la massa degli uomini tributa un omaggio istintivo. La ricchezza è quindi uno degli idoli del nostro tempo» (n. 1723).
Una domanda brucia sulle labbra di chi legge le beatitudini di Gesù: il regno di Dio si realizzerà solo dopo questa vita, nella casa del Padre, o avrà inizio in questo mondo di terra e di sangue?
Leggendo il Vangelo possiamo rispondere che Gesù previde la realizzazione piena del Regno e delle beatitudini nella casa del Padre; ma affidò anche ai cristiani e alle persone di buona volontà l'inizio della loro realizzazione in questa vita, per dare speranza al mondo, per dare gioia a chi è afflitto e nutrimento a chi soffre la fame.
L'Abbé Pierre, una lucida coscienza cristiana del nostro tempo, ha dichiarato: «Questa società, la società occidentale almeno, è satanizzata dal consumismo e dall'idolatria del denaro. E una società condannata. Lo scandalo della disuguaglianza emerge in tutta la sua crudezza da una parte all'altra del pianeta.
Il rimedio? E' ritrovare lo spirito delle beatitudini, ancorarsi ai valori che esse proclamano, ispirare ad esse i nostri comportamenti. Ecco, io direi che le beatitudini bisogna farle diventare la nostra guida morale. Il regno di Dio è qui in terra, basta cercarlo».
Si tratta di accogliere con fede le parole di Dio e di assaporare la verità profonda che esse contengono. "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nelle cose materiali il suo sostegno e allontana dal Signore il suo cuore... Benedetto l'uomo che confida nel Signore... egli è come un albero piantato lungo l'acqua, non teme pericoli, non smette di produrre frutti" (Geremia). "Beato l'uomo che pone la speranza nel Signore... la via degli empi andrà in rovina" (Salmo 1).
Gesù dice nel vangelo: "Beati voi poveri, perché vostro è il regno... Rallegratevi perché la vostra ricompensa è grande nei cieli".
La Madonna a Lourdes ha scelto una ragazza povera, le ha chiesto di pregare e di sacrificarsi per la conversione dei peccatori e le ha detto: "Non ti prometto di farti felice in questa vita, ma nell'altra". È quello che conta!

giovedì 4 febbraio 2010

7 Febbraio 2010 - V Domenica del Tempo Ordinario

Nello scenario grandioso del tempio di Gerusalemme, Isaia riceve la rivelazione della grandezza di Dio e accetta l'invito a diventare suo profeta. Pur nel riconoscimento del suo peccato, egli è sollecito nella risposta a Dio.
L'evangelista Luca narra la chiamata dei primi apostoli da parte di Gesù.
Sul lago egli aveva predicato dalla barca di Pietro poi aveva operato il miracolo della pesca prodigiosa. I quattro pescatori rimasero stupiti davanti alla sua manifestazione di potenza e Gesù li chiamò a seguirlo per diventare "pescatori di uomini", partecipi dell'azione di salvezza nel mondo.
Le letture di oggi parlano di vocazione, ma in verità tutta la bibbia è libro di vocazioni, perché ogni vita umana è una vocazione.
Siamo chiamati oggi a meditare sul mistero della chiamata di Dio. Noi sappiamo che ogni vita è vocazione e che ad ogni vocazione è legata una particolare missione da compiere. Fin dall'inizio della storia della salvezza Dio ha chiesto agli uomini la loro collaborazione per realizzare il suo progetto di salvezza a beneficio dell'umanità. Nell'Antico Testamento sono stati chiamati i patriarchi e i profeti, nel Nuovo testamento lo stesso Gesù e gli apostoli.
Ma Dio continua ancora oggi a chiamare uomini e donne perché collaborino alla costruzione del suo regno nel mondo e facciano conoscere a tutte le genti che sono sulla faccia della terra il suo messaggio di amore e di pace.
Dalle letture emerge la chiamata divina innanzitutto come un manifestarsi di Dio all'uomo. Prima di inviare, di affidare una missione, Dio si fa conoscere nella sua grandezza e bontà. L'uomo è posto davanti alla verità di Dio che illumina e gli fa comprendere la sua verità di creatura debole, fragile, limitata, peccatrice. Eppure è proprio dell'uomo che Dio si serve per diffondere il messaggio di salvezza. Questa è la dimensione missionaria iscritta nella natura stessa della Chiesa, mandata nel mondo ad annunciare ciò che per prima sperimenta e che è dono gratuito ed inesauribile del Padre. È un impegno che quotidianamente si scontra anche con le nostre "labbra impure", con la limitatezza del nostro dire che può deformare o inquinare la limpidezza della Parola di Dio, con il dramma di sconfessare con fatti e scelte concrete, ciò che professiamo a parole o, perfino (come è accaduto anche all'apostolo Paolo), di ostacolare il piano divino... E' interessante notale le esperienze, le sensazioni, la paura per la consapevolezza della propria indegnità e infine la risposta generosa sia di Isaia, sia di Pietro e degli apostoli. Isaia, davanti alla manifestazione di Dio sente tutto il suo peccato e il peccato del suo popolo, ma si apre alla fiducia: "Eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore delle schiere celesti". Si lascia purificare e Dio gli dà questa certezza: "E' scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato". E alla voce del Signore che chiede: "Chi manderò, chi andrà per me", Isaia risponde con una generosità unica: "Ecco, manda me!"
Così Pietro: nel racconto del vangelo Gesù dice a Pietro: "prendi il largo e cala le reti..." Maestro abbiamo faticato tutta la notte, e non abbiamo preso niente. Ma sulla tua parola getterò le reti". Nella fede Gesù compie per Pietro e i suoi compagni il miracolo della pesca abbondante. Pietro, davanti a Gesù, riconosce tutta la sua debolezza e i suoi peccati: "Allontanati da me che sono un peccatore." Ma Gesù lo chiama con una vocazione grande: "Non temere, d'ora in poi sari pescatore di uomini". E viene sottolineata ancora la generosità della risposta: "Lasciarono tutto e lo seguirono", perché avevano trovato Gesù e Gesù è tutto e fa loro la grazia di renderli partecipi e continuatori della sua missione.
Questa liturgia ci porta a pensare alla grande vocazione dei consacrati, i sacerdoti, le suore, i religiosi, i missionari: preghiamo intensamente per la loro fedeltà, la perseveranza, la loro santificazione e vogliamo pregare intensamente, come Gesù ci raccomanda, per chiedere sempre nuove vocazioni generose e gioiose.
Poi ciascuno di noi deve pensare come vive la propria vocazione, nella famiglia, nel lavoro o nello studio, nella sofferenza, nelle varie situazioni in cui si trova.
Tutti possiamo vivere la vita come vocazione; vocazione a continuare l'opera e la missione di Gesù, con la generosità del cuore: "Ecco, manda me!".

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