mercoledì 3 novembre 2010

7 Novembre 2010 - XXXII Domenica del Tempo Ordinario

"Dio non è dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui".
Quest'affermazione perentoria di Gesù ci dà la possibilità, oggi, di affrontare un ultimo tema sul discepolato.
L'occasione è una discussione (benedette discussioni!) di Gesù con i sadducei che, a differenza dei farisei, rappresentavano l'ala aristocratica e conservatrice di Israele e che consideravano la dottrina della resurrezione dei morti, cresciuta lentamente nella riflessione del popolo e definitivamente formulata al tempo della rivolta Maccabaica, un'inutile aggiunta alla dottrina di Mosè. Così, incrociando la non condivisa teoria della resurrezione con la consuetudine del Levirato (la discendenza era così importante che un fratello doveva dare un figlio alla cognata vedova!) pongono a Gesù un caso paradossale (la famosa storia della vedova "ammazzamariti"!).
Gesù come al solito pone la riflessione su un piano diverso, invita gli ascoltatori ad alzare lo sguardo da una visione che proietta di fatto oltre la morte le ansie e le attese di questa vita terrena. È una nuova dimensione quella che Gesù propone, una pienezza iniziata e mai conclusa, che non annienta gli affetti (attenzione: nel regno ci riconosceremo ma saremo tutti nel Tutto!), ma che contraddice la visione attuale della reincarnazione (siamo unici davanti a Dio, non riciclabili, e la vita non è una punizione da cui fuggire, ma un'opportunità in cui riconoscerci!), una visione che ci spinge ad avere fiducia in un Dio dinamico e vivo, non imbalsamato!
E qui val la pena riprendere la lapidaria affermazione iniziale di Gesù: “Dio è Dio dei vivi, perché tutti vivono in lui”.
Giunti ormai alla fine di questo anno di riflessione sul discepolato, guidati dal Vangelo di Luca, non possiamo evitare di porci una duplice domanda: noi, crediamo veramente nel Dio dei vivi? E noi, siamo veramente vivi?
Capirlo è abbastanza semplice, fratelli: crediamo nel Dio dei vivi se per noi la fede è ricerca, non stanca abitudine; doloroso e irrequieto desiderio, non noioso dovere; slancio e preghiera, non rito e superstizione. Dio è vivo in noi, se ci lasciamo incontrare come Zaccheo, convertire come Paolo, per cui, dopo il suo incontro, nulla è più come prima. Crediamo in un Dio vivo se accogliamo la Parola (viva!) che ci sconquassa, ci interroga, ci dona risposte. Crediamo nel Dio dei vivi se ascoltiamo quanti ci parlano (bene) di lui, quanti - per lui - amano.
Nel mare infinito di cattiverie, di sopraffazioni, di intolleranze, di crudeli vendette, di ogni genere di violenze, in cui quotidianamente i media ci sommergono, è veramente emozionante vedere riproposte ogni tanto delle storie fatte di luce: la Chiesa che aiuta gli alluvionati e sinistrati di ogni parte del mondo, preti che donano speranza ai carcerati, frati poveri con i barboni, suore che si consumano per i derelitti, missionari che promuovono dignità per le donne, aiutandole ad uscire dalla miseria e dalla schiavitù maschile. Ecco: un sacco di gente crede al Dio dei vivi e lavora e soffre perché tutti abbiano vita, ovunque siano, chiunque siano. Schiere di testimoni stanno dietro e avanti a noi. Come la madre della prima lettura che incoraggia i figli al martirio piuttosto che abiurare la propria fede, come i tanti (troppi) martiri cristiani di oggi vittime di false ideologie religiose, come chi opera per la pace nel quotidiano e nella fatica.
Siamo vivi (io lo sono?) se abbiamo imparato ad andare fermi dietro a Lui; se non ci lasciamo ingannare dalle sirene che ci promettono ogni felicità se possediamo, se appaiamo, se recitiamo, produciamo, guadagniamo, seduciamo etc.; se sappiamo perdonare, se sappiamo cercare, se abbiamo capito che questa vita ha un valore da scoprire, un "di più" nascosto nelle pieghe della storia, della nostra storia.
Questa deve essere la nostra convinzione, fratelli, questa deve essere la nostra Fede: una fede che diventa possibilità di produrre bontà, che diventa vita nuova per gli altri. Diversamente non è vita, e noi non vivremmo! Per essere Suoi dinamici discepoli, dobbiamo andare a fondo, nonostante la fatica, nonostante le paure, nonostante l'incertezza nel trovare il nostro ruolo, nonostante la scoperta di tante nostre debolezze; ma con la certezza che Lui abbraccerà, con noi, anche tutte le nostre miserie e incongruenze. Quindi, fratelli e sorelle, proviamoci! Diventiamo anche noi discepoli vivi di un Dio vivo, perché solo così potremo già da oggi, vivere realmente da vivi. Amen.

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