giovedì 21 maggio 2009

24 maggio 2009 - Ascensione del Signore

Ascensione vuol dire salita, ascesa verso gli spazi più alti e questo già è sufficiente a chiarire il senso della liturgia che oggi stiamo celebrando: la risalita al Cielo di Gesù, la sua scomparsa dal piano terreno, sensoriale, immediato per entrare nella sfera del divino - trascendente.
Una volta risorto dai morti, Gesù ha vissuto altri 40 giorni fra i suoi discepoli, è apparso agli apostoli e a tante altre persone, ha esortato alla perseveranza nella fede e soprattutto al ministero di annuncio della sua Parola ("Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura") e adesso sta salendo verso la dimensione del divino.
Ma che cosa comporta per gli apostoli l'avvenimento della salita al Cielo del loro Signore? Innanzitutto gli undici avvertono un certo senso di smarrimento e di angoscia per cui, attoniti e sconsolati, continuano a guardare la volta celeste fino a quando due (probabili) messaggeri di Dio non intervengono per rassicurarli con la promessa del ritorno di Gesù: si trovano in preda alla solitudine come orfani senza padre né madre mentre lo sconcerto e la preoccupazione si impossessano di loro al punto da ritrovarsi inceri e indecisi quanto al futuro. Chi non rimane deluso e sgomento quando nota l'assenza improvvisa di una persona che per lui era stata sempre importante? In simili circostanze chiunque avvertirebbe il peso del disorientamento e della solitudine, e gli apostoli ora non fanno eccezione sicché l'assenza di Gesù costituisce per loro una dura prova di non facile superamento. Ma la sparizione del Signore è tuttavia per loro anche uno sprone perché progrediscano più speditamente nella virtù e soprattutto nella maturità e nella responsabilità personali. Adesso che il loro Signore non sarà più riscontrabile con l'immediatezza dei sensi esterni, dovranno percepire la sua presenza, comunque certa e attiva, attraverso le prerogative della fede e dell'umiltà abbandonandosi alla speranza scaturita dalla Parola da Lui precedentemente annunziata; ora che non sentiranno più la sua voce materiale che li orientava e li indirizzava sul ministero e sulle scelte di organizzazione interna, dovranno provvedere essi stessi ad organizzare sotto tutti gli aspetti l'andamento della vita comunitaria e le varie iniziative per l'annuncio del messaggio di salvezza; ora che il Signore non è materialmente accanto a loro come quando compiva prodigi, dovranno essere essi stessi a dare segni della Sua presenza in mezzo al popolo attraverso la predicazione, la fermezza dell'apostolato e la carità.
Adesso insomma è il tempo della creatività e della spigliatezza missionaria che scaturisce dal previo, indispensabile, senso di formazione e di responsabilità personale nonché dal buon senso e dall'onestà nell'agire e dallo zelo operativo per il quale la causa del Vangelo assume priorità su tutto, anche sulla prospettiva di dover subire percosse e ritorsioni da parte dei nemici.
Come affermano gli esegeti, questo è il Tempo della Chiesa, in cui si è chiamati ad annunciare il Vangelo con coraggio e verve apostolica fino a quando il Signore Asceso non ritornerà alla fine della storia, esternando tutto il vigore che emerge dalla fede in Lui, esso non è limitativo ai primi apostoli ma interessa anche tutti e ciascuno di noi, che in forza dell'azione dello Spirito Santo, sulla scia e sull'esempio dei primi apostoli, siamo invitati a recare l'annunzio del Signore in ogni angolo della terra e d incarnare il Vangelo in tutte le circostanze del vissuto, specialmente in questo secolo confuso che più volte è stato tacciato di areligiosità e di indifferentismo etico e religioso per il quale si impone una nuova evangelizzazione. L' Ascensione del Signore comporta quindi per noi non la passività vuota dell'attesa ma l'entusiasmo attivo della missione e non può non vederci coinvolti in prima persona.
Oltretutto, come più volte si accennava nelle righe precedenti, l'Ascensione di Gesù non equivale alla sua assenza giacché egli, pur non immediatamente percepibile ai sensi, garantisce la sua costante vicinanza attraverso molteplici forme a addirittura ci rende certi della sua presenza reale e sostanziale nel Sacramento dell'Eucarestia che in modo del tutto speciale riafferma nella prassi quanto egli stesso aveva detto in precedenza:"Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" Si tratta certo di una presenza non tattile, che si richiede il ricorso fiducioso alla fede, e tuttavia pur sempre di una presenza reale, certa ed edificante che incoraggia il nostro stesso agire missionario e qualifica il vivere quotidiano da cristiani e per ciò stesso nell'Ascensione noi vediamo un monito all'esercizio delle virtù che ci responsabilizzano di fronte al Gesù non visibile eppure presente.

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