giovedì 1 maggio 2008

4 Maggio 2008 - Ascensione del Signore

“Viri Galilei, quid statis aspicientes in coelum?” O uomini di Galilea, perché state fissando il cielo? Perché vi preoccupate tanto? Quel Gesù che stava con voi, che vi parlava, che vi guidava, che vi dava fiducia, ora è stato assunto in cielo, si è ricongiunto con Dio Padre; ma non temete, egli ritornerà ancora tra voi… sic veniet, così ritornerà… ed è vero come è vero che voi ora l’avete visto salire in cielo.
È una promessa. Una promessa che per noi è certezza.
L'Ascensione unisce due momenti determinanti della storia della salvezza: termina l'azione storica del Cristo e inizia il cammino terreno della Chiesa.
Con l'Ascensione finisce un'epoca, un momento, una storia. La storia dell'uomo Gesù, del suo aspetto, del suo sorriso, del suo sguardo profondo. Non potremo più sentire la sua voce che chiama per nome Tommaso e Maria, non ammireremo più la sua pazienza mentre dialoga animatamente con i due testoni di Emmaus. Neppure potremo più, commossi, guardare le passeggiate del Maestro per le strade di Israele, seguito dagli apostoli e dalle folle che credevano in lui.
Gesù, è tornato nella gloria del Padre, non è più da vedere, da toccare, ma da aspettare nella fede; da adorare in silenzio nella sua presenza eucaristica, da annunziare come proposta di una vita nuova, da testimoniare con la forza dello Spirito.
L'Assente dal mondo continua a farsi presente attraverso l'esperienza e la testimonianza di tutti noi, sua Chiesa, costruttori di una nuova storia con prospettive di eternità.
Su di noi grava la missione-dovere di "fare discepoli" di Cristo tutti i popoli. Non si tratta di chiacchiere, di parole, di prediche, di discorsi teologici, ma di vivere uno stile di vita contagioso, che parte dalla nostra esperienza battesimale e si arricchisce via via con il pane della Parola e dell'Eucaristia.
Le conseguenze di questo comportamento sono tante e urgenti: ognuno deve avere il coraggio, per quanto lo riguarda, di individuarle nella loro concretezza.
Su una cosa dobbiamo avere comunque le idee chiare: la salvezza di cui godiamo non è un bene nostro, esclusivo, ma appartiene a tutti. Per questo ognuno ha il dovere di essere in costante osmosi con il proprio fratello, perché, davvero, “ogni cristiano ha il mondo intero a suo carico!". Questo è credere nell’'Ascensione del Signore, Questo deve essere il nostro impegno.
Signore, tu mi lasci oggi, per tornare al Padre. Ma io non resto quaggiù, vengo con te, perché nel tuo cuore di uomo tu porti il mio volto, la mia storia, le mie speranze, tutto di me. Sono certo che tu continuerai a pronunciare il mio nome al Padre, e l’unione del vostro amore, lo Spirito, fortificherà la debolezza del mio cuore. Signore Gesù, per questo i miei occhi sono sempre pieni di te, e posso vederti e incontrarti ovunque, perché tu sei con me, dentro, senza più rischi di perdita. Amen...

Nella misura quindi in cui noi ascendiamo con il Signore, poniamo tutta la nostra vita con Lui nei cieli e questo è un atteggiamento che è perenne, continuo, che possiamo vivere ogni giorno. Cristo glorioso, di cui dobbiamo rivestirci, non ci trae fuori dalla storia, ma come ha fatto con i discepoli ci invita, più che il cielo, a guardare la terra per impegnarci in essa affinché si rivesta di una vita nuova, inaugurata dalla sua ascensione. Così la nostra ascensione non è dal mondo, ma col mondo. È immersione in tutte le realtà umane, fino ad aprirle oltre i limiti che le rinserrano, per vedere in esse quella luce che proviene da Dio che tanta parte del mondo vuole negare. È saper valorizzare tutte le cose, anche quelle che apparentemente non hanno valore o non fanno notizia, quelle piccole e magari dimenticate, per scorgere la presenza di Dio che si è unito all'uomo in maniera indissolubile. È riuscire a vedere che anche nei segni dell'eucaristia che celebriamo, rappresentati da un po' di pane e da un sorso di vino, simboli della vita e del lavoro dell'uomo si realizza quella promessa riportata dal vangelo di oggi: "Ecco io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Una promessa che per noi cristiani diventa il dovere urgente dell'annuncio di cieli e terra nuovi per tutti gli uomini e per il mondo intero.

Ma c'è anche il dubbio di alcuni. Questo insinuarsi del dubbio è la povertà del nostro essere qui dei "viandanti" la cui certezza è riposta solo nella Parola di Chi, amandoci per primo, ci fa passare per la sua stessa strada che è la morte prima della Risurrezione, il buio prima della Luce in pienezza. Proprio qui, dunque, si tratta di afferrare, quasi in risposta a quell'ombra di dubbi, la Parola che salva. "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi". È qui, proprio solo qui, la luce che rassicura e ci strappa alla tristezza dell'"addio" e della depressione di ogni dipartita. Perché Gesù, in modo diverso da quando era in Palestina ma con potenza di Spirito Santo, è con noi. Lungo lo scorrere dei giorni basta "connettersi". Sì, connettersi credendo.

Ma tornerò da voi. Quando, verrebbe da dire? Alla fine dei tempi? E perché non prima, non ora che avverto cocente il bisogno di un abbraccio, di una parola, di un sorriso divino da vedere con gli occhi non solo del cuore, ma anche del volto? Gesù è con noi. Il suo Spirito che invierà dal Padre avrà una nuova carne da abitare, quella dei credenti. Ogni credente, abitato dallo Spirito, sarà il luogo della presenza di Dio nel mondo, un Cristo che mai più morirà perché lì dove tutto sa di miracolo lì è il Figlio fatto carne. I miracoli del mistero che ti sovrasta mentre parli e ti rendi conto che tra le sillabe mentre tu le pronunci passa la Vita, che tu non avevi messo prima... i miracoli dell'amore che ti incanta nei gesti che compi e che ti sembrano firmati da un sempre remoto... i miracoli del domani che sfiorano la tua pelle mentre riposi donandoti la percezione di essere eco dell'inenarrabile sussurro del tuo Signore.

Nessun commento: